Stop ai motori termici dal 2035? Le ripercussioni per la filiera dell'automotive saranno immediate. «Considerando che per progettare e validare nuovi prodotti servono mediamente dieci anni, rischiamo di vedere azzerati già dal 2025 gli ordini per il lancio di nuovi prodotti su auto a motore termico». A spiegarlo è il presidente di Unionmeccanica Confapi Brescia Gianluca Baiguera, consigliere delegato di Galba srl. Il giorno dopo l'approvazione da parte del Parlamento europeo del provvedimento che vieta la vendita di veicoli con motori termici dal 2035, l'allarme arriva non a caso dal Bresciano, cuore nevralgico della componentistica automotive italiana. Qui si contano 250 imprese coinvolte sulle 1000 lombarde, 18mila dipendenti sui 50 mila di tutta la regione ed un fatturato complessivo di 6,5 miliardi di euro sui 20 miliardi lombardi (dati forniti da Confindustria Brescia, fonte Cluster Lombardo della Mobilità). Il tema sollevato da Confapi Brescia «è che ci si stia muovendo senza aver valutato opportunamente le questioni dell'adeguamento infrastrutturale e del fabbisogno energetico legati alla transizione al Full-Electric», continua Baiguera. La richiesta è di ripensare la scadenza rigida del 2035, rivalutando soluzioni alternative come quelle dei biocarburanti o del motore ibrido. Il rischio? «Una grave crisi occupazionale». La questione degli investimenti legati all'innovazione e alla riduzione delle emissioni, finora poco condivisi con le grandi case produttrici, e le incognite legate alla scadenza del 2035 sono anche gli scenari emersi da due incontri organizzati in queste settimane da Confindustria Brescia e Intesa Sanpaolo. I gruppi di lavoro, presieduti dal direttore generale di Confindustria Brescia Filippo Schittone e dal direttore regionale Lombardia Sud di Intesa Sanpaolo Marco Franco Nava, hanno visto la partecipazione di 12 imprese bresciane, con un fatturato complessivo di quasi 1,5 miliardi di euro. I focus group hanno confermato i risultati dell'analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia e dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo: tre quarti delle imprese bresciane intervistate considera la transizione elettrica un'opportunità se accompagnata da rilevanti investimenti; il 25% ha una certa perplessità a riguardo, contro il 14,3% nazionale. C'è però la consapevolezza delle imprese bresciane di essere soggetti di riferimento per la filiera regionale nel processo di trasformazione tecnologica, indicato dal 65,9% delle aziende intervistate. Secondo Schittone, i 278 voti contrari all'Eurocamera sono «un dato significativo, che conferma i nostri dubbi sulla decisione di puntare tutto sull'elettrificazione, senza privilegiare invece la via della neutralità tecnologica, come più volte avanzato da Confindustria. Il rinnovo della Commissione Europea del 2024 apre ulteriori incertezze e sarà sicuramente da valutare lo stato di avanzamento dei lavori sul Fit for 55, calendarizzato per il 2026».