Tutte le regole sono saltate. Diasteca Srl, azienda associata (Confapi Emilia) con sede a Mirandola, denuncia con forza la grossa difficoltà che sta riscontrando da oltre un anno nell’approvvigionamento di componenti elettronici. L’azienda, infatti, con 50 dipendenti e quasi 10 milioni di euro di fatturato, si occupa di costruire gruppi elettronici per impianti di automazione elettrici, elettronici e oleodinamici. Molti componenti necessari per gli impianti, acquistabili da distributori multi-market, oggi sono diventati introvabili o rintracciabili in formati non adatti alle schede elettroniche progettate dall’azienda.
"Siamo costretti a ragionare e lavorare con logiche opposte a quelle seguite finora – racconta l’ingegner Pierangeli di Diasteca Srl (nella foto) – se un tempo l’iter si fondava su progettazione della centralina, realizzazione del circuito stampato, acquisto dei componenti e assemblaggio, ora non si può pensare di progettare la centralina se non si è sicuri di avere i componenti in casa. E se questi effettivamente non si trovano, occorre ripensare al progetto dall’inizio, raddoppiando i tempi di lavoro. Ogni centralina, infatti, deve essere in linea con un certo numero di normative, essere approvata dal controllo qualità. Tutto questo richiede molto tempo".
Ad incidere sul lavoro quotidiano poi sono anche i costi elevatissimi dei componenti: "Ci siamo trovati preventivi di oltre 800 euro per un singolo pezzo – sostiene Paolo Steffanini, amministratore unico di Diasteca - il dubbio che ci viene è che questo meccanismo faccia parte di un ‘progetto’ più grande volto ad arrecare vantaggio solo alle grandi aziende. Questo, inoltre non ci permette di essere competitivi, e se non fosse per il fatto che in tutti questi anni abbiamo investito per cercare di essere autonomi il più possibile, credo che oggi saremmo ancora più in difficoltà".
Vi è poi un altro grande problema a cui devono far fronte le piccole medie imprese come Diasteca: "Oggi i fornitori ci vincolano ad ordini molto grossi, non coerenti con il nostro fabbisogno, ed inoltre una volta fatto l’ordine, questo non è più cancellabile. Si tratta di una dinamica finanziariamente forte a cui potremmo aggiungere il fatto che spesso i preventivi vengono rincarati di una percentuale a causa del “costo energetico”. Questa non è un’inflazione proporzionata in acquisto e vendita, ma una compressione in cui non possiamo permetterci di andare a modificare il prezzo finale". Come fare dunque per far fronte a questa situazione? "La nostra strategia è stata quella di fare scorta di materiale e chiedere supporto agli istituti di credito, richiesta che comunque non ci eviterà di perdere 1-2 punti in redditività aziendale. La Comunità Europea dovrebbe intervenire ed anche il nostro Paese dovrebbe pensare con la logica statunitense, la quale prevede che molte aziende produttive prima esternalizzate nel Far East siano riportate ‘a casa’".