Dopo il boom ecco la beffa. Il sogno del Superbonus 110% per migliaia di sardi potrebbe diventare un incubo farcito di burocrazia e costi per materiali e attrezzature schizzati alle stelle. Solo pochi mesi fa i nuovi progetti spuntavano ovunque come funghi, trainati dalla febbre degli incentivi. Fatturati, assunzioni e ottimismo andavano a gonfie vele, rispolverando gli splendori che il settore non vedeva da decenni. L'entusiasmo si è però sgonfiato in fretta e ora da nord a sud dell'Isola si moltiplicano i cantieri chiusi per mancanza di liquidità. Gli istituti di credito hanno infatti congelato l'acquisto di crediti fiscali e agli impresari non resterà che sbaraccare e mandare gli operai a Casa. Ecco perché l'ultima mazzata del premier Draghi, che ha ufficialmente disapprovato la misura voluta dal suo predecessore Giuseppe Conte, è arrivata come una pugnalata alle spalle da parte di un Governo che due anni fa aveva presentato il Superbonus in pompa magna, illudendo cittadini e aziende, e ora ne disconosce i benefici. False speranze
«Ci hanno imbrogliato e abbandonati», protesta Andrea Virdis, impresario edile e rappresentante regionale di Confapi-Aniem, riferendosi agli esponenti del Governo. «Ci hanno fatto sperare che le detrazioni al 110% avrebbero rivitalizzato il settore. Noi ci abbiamo creduto, abbiamo assunto e creato sviluppo, e ora ci ritroviamo con le gambe all'aria, soffocati dalla burocrazia, tagliati fuori dalle banche che non accettano più i crediti fiscali che abbiamo ottenuto dai clienti e travolti da un'inflazione fuori controllo».
Pericolo crac
La delusione degli addetti ai lavori si intreccia con le preoccupazioni dei cittadini che hanno puntato sugli incentivi. Perché se da una parte potrebbero presto chiudere i battenti per mancanza di fondi 2mila degli oltre mila cantieri attivi nell'Isola, dall'altra crollano le possibilità delle aziende di mantenere gli attuali organici con circa 8mila posti di lavoro a rischio. «Un dipendente mi costa tremila euro al mese tra contributi e stipendio, come potrei permettermelo senza lavorare?», si chiede retoricamente Virdis. «E poi ci sono le tasse. Perché anche se ho accumulato qualche centinaio di migliaia di euro in crediti fiscali che non riesco a cedere alle banche, il Fisco verrà comunque a battere cassa».
Incertezza
Il circolo vizioso si sta lentamente chiudendo. Grazie anche al Premier. «L'incertezza che Draghi ha gettato sul futuro del Superbonus è deleteria perle nostre aziende, dice Silvio Alciator, dell'Ance. «Le banche chiuderanno ulteriormente i cordoni delle borse e l'entusiasmo della gente sugli incentivi andrà a picco. E a pagare le spese più salate saranno le imprese, tra l'altro prese anche di mira perché "colpevoli" di aver gonfiato i prezzi per specolare sui bonus». Su questo punto Alciator non vuole passare oltre: «Le valutazioni fatte dal presidente del Consiglio non sono veritiere. Non può prendere casi eccezionali di imprese scorrette e pensare che sia la norma nel settore. I preventivi applicati ai clienti sono sempre stati basati su prezzari regionali chiari e fissi. Anzi, spesso sono state le stesse aziende a perderci perché il caro materiali aggiorna i listini così rapidamente da sballare le previsioni». Soluzioni
Insomma, il destino del bonus che doveva cambiare l'edilizia italiana sembra segnato. Ma non tutti si danno per vinti. «Una soluzione è possibile - dice ancora Virdis - tornare alle regole più flessibili della scorsa estate senza però allentare i controlli. Ci sono in gioco migliaia di posti di lavoro e il Governo sembra aver dato l'ennesima testimonianza di disinteresse per chi produce e si sacrifica ogni giorno». L'Ance farà di più e si rivolgerà direttamente al Premier per invocare una svolta. «Dopo il successo iniziale, il Superbonus è stato demonizzato senza motivo», conclude Alciator. «Il caos creato poteva inoltre essere previsto da Roma garantendo, per esempio, gli incentivi solo alle aziende certificate e impedendo di conseguenza a chi si è improvvisato impresario edile di sfruttare illecitamente le risorse pubbliche». Di certo c'è che il tempo per agire non è molto. Gli imprenditori sono alla canna del gas e ogni cantiere fino a ora aperto nell'Isola potrebbe avere le ore contate.