Il caso della multinazionale Catalent, messa in fuga dalla malaburocrazia della Regione, è solo la punta dell'iceberg. Il grido di allarme arriva dalla Confapi, associazione che rappresenta le piccole e medie imprese laziali: già alla fine del 2021, in piena ripartenza postCovid, il presidente Massimo Tabacchiera scrive al governatore Nicola Zingaretti per chiedere di risolvere il problema dei tempi del rilascio delle autorizzazioni burocratiche. «Una questione che rischia di costituire un elemento di forte criticità nel percorso di rilancio del sistema economico territoriale», scrive Tabacchiera nella lettera indirizzata anche all'assessore regionale all'Urbanistica. Ma dalla Regione nessuna risposta e la burocrazia rischia di strozzare la ripartenza post Covid, aggravata dalla guerra in Ucraina. Un dato su tutti: secondo la Confapi da almeno due anni sono ferme nei cassetti dell'assessorato all'urbanistica della Regione più di 3800 pratiche per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, atto necessario per ogni impresa che vuole realizzare o ampliare un capannone industriale o qualsiasi tipo di manufatto produttivo. Investimenti, e assunzioni, morti sul nascere. Difficile fare calcoli precisi ma in base a una stima di Confapi la malaburocrazia rischia di bloccare e sia pure nel lungo periodo portare al fallimento fra le mille e le duemila imprese laziali che al contrario di Catalent neanche possono trasferirsi all'estero, visto che non superano i venti dipendenti. «In provincia di Roma ci sono imprese in attesa da oltre 12 mesi del permesso di costruire piccoli capannoni di 600 mq o di autorizzazioni varie da uffici della Regione. E queste aziende, per dimensione e mercato di riferimento totalmente locale, non hanno la possibilità di spostarsi all'estero», spiega Tabacchiera. In altri termini rischiano di fallire: gli investimenti sono vitali per una impresa che non può rimanere ferma in un mercato in perenne evoluzione dopo il Covid e alle prese con l'aumento del costo delle materie prime. E la burocrazia kafkiana degli uffici regionali o comunali è una zavorra per le imprese laziali. È il caso del Consorzio industriale di Acilia, che riunisce 98 aziende artigianali come falegnamerie, tipografie o fabbriche metalmeccaniche, farmaceutiche, elettroniche: dal 2015 aspettano il rilascio delle autorizzazioni da parte di diversi uffici regionali e comunali per costruire un capannone che dovrebbe servire come incubatore di nuovi progetti e che è stato già approvato con una convenzione firmata nel 2002 con il Comune di Roma. Non va meglio a una azienda di Anagni, che chiede l'anonimato: dal 2018 è autorizzata al recupero del legno dai pallet usati, ha già investito 70mila euro in pratiche amministrative e ancora oggi è in attesa del titolo edilizio chiesto per avviare un investimento complessivo di oltre 2 milioni di euro. Ironia della sorte: si trova ad Anagni, a poca distanza da Catalent, in un'area di interesse nazionale per il rilancio dell'ambiente. «Il caso Catalent è la punta delle difficoltà di tutti gli imprenditori della valle del Sacco spiega Antonella Mazzocchia, titolare dell'omonima impresa che produce gli autocompattatori Ama che si tratti di una nuova iniziativa imprenditoriale o di ampliare l'attività sono costretti ad aspettare anni per ottenere le autorizzazioni«. La Confapi ha anche proposto di lavorare in sinergia con gli uffici regionali «per poter esaurire l'arretrato giacente e avere tempi certi e compatibili». Nessuna risposta, ma intanto Catalent è già in Gran Bretagna.