Fiducia sotto zero, ordini e produzione a picco e costi di materie prime ed energia alle stelle. Le Pmi torinesi vivono già un'economia di guerra. È quanto emerge dai dati sulla situazione delle piccole e medie imprese delineati dall'indagine dell'ufficio studi di Api Torino. «In meno di due settimane siamo passati da un clima di leggera ripresa, seppur con molte difficoltà e incertezze, ad una situazione imprevista e imprevedibile, caratterizzata da straordinaria incertezza», commenta il presidente Corrado Alberto.

Soltanto il 13,6% delle piccole e medie imprese torinesi ha rapporti commerciali con la Russia, mentre il dato scende all'8,2% se si considera l'Ucraina. Numeri marginali, eppure l'effetto della guerra ha già raggiunto il tessuto delle pmi, andandole a colpire nel loro bene più prezioso: la fiducia. Ecco perché come testimonia l'ultima indagine effettuata dall'Ufficio studi di Api Torino il rapporto tra ottimisti e pessimisti è passato dal più 20,6% di dicembre all'attuale meno 19,1%. E quando un imprenditore perde fiducia, tutte le previsioni per il futuro finiscono per rabbuiarsi. Ecco perché parametri come ordini, fatturato e produzione sono caratterizzati da cali anche vistosi: gli ordini, in particolare, perdono dieci punti percentuali, scendendo a meno 3,7%, mentre le previsioni sul fatturato si ridimensionano al più 4,5% (mentre prima era quasi doppio, più 8,7%). Anche la produzione finisce in territorio negativo: da più 6% si ritrova a meno 1,4%. C'è chi parla di una futura economia "di guerra". Ma secondo il presidente di Api Torino, Corrado Alberto, per le pmi torinesi si tratta di stretta attualità. «In meno di due settimane siamo passati da un clima di leggera ripresa, seppur con molte difficoltà ed incertezze, ad una situazione assolutamente imprevista e imprevedibile, caratterizzata da una straordinaria incertezza. È evidente che alla straordinarietà del momento occorre rispondere con strumenti altrettanti straordinari». E la preoccupazione maggiore, in un contesto così complesso, riguarda soprattutto le materie prime. Per le imprese dei settori della manifattura dice Alberto -, persistono a tutt'oggi enormi difficoltà sul mercato delle materie prime e delle componenti elettroniche, che acuiscono ulteriormente la condizione di estrema fragilità in corso da mesi». Una lettura condivisa anche da Fabio Schena, responsabile dell'Ufficio Studi di Api: «Il susseguirsi di fenomeni di portata globale, con forte impatto sull'economia reale, ha determinato in pochi mesi un vertiginoso incremento dei costi, ancora più eclatante per il comparto manifatturiero, e un rallentamento delle attività». Anche il portafoglio ordini non lascia spazio a grande ottimismo, se non nel brevissimo periodo. Per ora, i segnali più confortanti arrivano da occupazione e investimenti. Le aziende che hanno fin qui utilizzato gli ammortizzatori sociali sono state solo il 9,1% e nei prossimi mesi il rialzo non dovrebbe spingersi oltre 1'11,8%. Oltre 6 imprenditori su dieci prevedono di investire a breve, anche se quasi il 30% segnala difficoltà negli incassi. E questo nonostante si rafforzi proprio a causa delle difficoltà per la guerra il timore le materie prime (e soprattutto per i loro costi). C'è chi non sa come fare fronte al caro bolletta, anche se quasi 1'11% si sente "al sicuro" grazie a recenti investimenti in energie rinnovabili. Solo il 2,7% del campione ha aumentato i prezzi, mentre alcuni hanno rivisto gli orari di lavoro per sfruttare le fasce in cui l'elettricità costa meno. Difficoltà anche per chi deve comprare materiali ferrosi o di plastica: i rincari oscillano tra il più 200% e il più 250%.