C'è chi ha pensato di lavorare di notte per avere le tariffe più convenienti. Oppure nel fine settimana. Ora si punta sull'autoproduzione e ci sono imprese che hanno deciso di concentrare l'attività nelle ore di sole per sfruttare al meglio gli impianti fotovoltaici. Pannelli sui tetti delle fabbriche che producono energia che immessa in rete vale ben poco, ma se consumata in proprio taglia le bollette del 20-30%. Anche questo è un modo per arrangiarsi, per sopravvivere di fronte a conti che per luce e gas da mesi pesano come macigni sui bilanci. Il conflitto in Ucraina aggrava solo la situazione, facendo impennare anche il prezzo di benzina e gasolio. I pannelli fotovoltaici, per chi li ha già montati, sono un'ancora di salvezza. La Metalco, azienda che realizza arredi urbani e cartellonistica a Castelminio di Resana, nel Trevigiano, ha ridotto la pausa pranzo, solo mezz'ora, facendo slittare al mattino di un'ora l'ingresso in turno per intercettare il maggior numero di raggi del sole. I pannelli che coprono la fabbrica compensano parte dell'elettricità in arrivo dalla rete. Sempre meglio che cessare l'attività, anche «se i lavoratori non l'hanno presa bene racconta Stefano Bragagnolo, segretario della Uilm di Treviso ma la produzione così va avanti, non come in altre aziende che hanno dovuto chiudere». In Veneto in diverse imprese energivore, dalla Fonderia Corrà di Montebelluna e Thiene, alla cartiera Pro-Gest di Istrana, passando per le Fornaci Calce Grigolin di Nervesa della Battaglia e il gruppo Pittini di Verona, l'attività o va avanti a singhiozzo o si è fermata. Il fotovoltaico potrebbe essere un'alternativa? «Potrebbe essere una soluzione racconta Giuseppe Spezzati, direttore vendite di Omg di Lusigliè, officine meccaniche specializzate nella deformazione a freddo dei metalli alle porte di Torino l'autoconsumo è un modo per compensare una parte dei costi. Ora i tempi per realizzarlo però sono lunghi». Per Michele Amenduni, a capo dell'omonimo gruppo tra torinese e bresciano specializzato nella produzione tubi, «i pannelli non si trovano e il governo non ha ancora previsto incentivi per chi prova a convertirsi». Di quanto è aumentata la bolletta? «L'elettricità da 100 mila a 250 mila euro, il gas peggio: da 21 mila a 108 mila», risponde. In uno stabilimento, quello di La Loggia, spostando i turni di notte si potrebbe avere un risparmio, «ma che verrebbe poi mangiato dalle maggiorazioni notturne. La situazione è difficile, troppe speculazioni si incrociano». Ora si aggiungono i costi dei trasporti: «Le commesse iniziano a saltare rimarca Amenduni dovevo fornire un cantiere edile per un grande centro commerciale logistico in Campania, ma si è fermato tutto. Troppi i costi fuori controllo da quando è partito. Gli investitori hanno detto basta». Qualcuno si arrangia alla vecchia maniera: abbassa il termostato del riscaldamento, riduce il numero di neon accesi nei capannoni, invita gli autisti a pigiare meno il piede sull'acceleratore e riduce le consegne. «Prima fornivamo bar e ristoranti una volta a settimana racconta Carlo Alberto, presidente Api di Torino e proprietario di un'azienda di caffè. Ora lo facciamo ogni 15 giorni». Le proteste degli operai lasciati al freddo non mancano. Le lamentele ci sono, un po' a macchia di leopardo. «Accorgimenti che possono funzionare per le aziende che non hanno picchi, non per le imprese che hanno fame continua di energia», racconta Stefano Olivari, segretario della Fim-Cisl di Brescia, area dove imprese come la Alfa Acciai, Ferriera Valsabbia e Asonext Steel di Ospitaletto e Asoforge di Castegnato hanno ridotto i turni, oppure lavorano nel weekend. «Le commesse non mancherebbero, ma non conviene produrre», dice Olivari. Così i lavoratori finiscono in cassa integrazione: «Ci vorrebbero ammortizzatori ad hoc - sottolinea il segretario - siamo di fronte ad una pandemia energetica». Se ci sono più forni, se ne può chiudere uno per bilanciare la situazione, soprattutto se si lavora con forni a 1.100 gradi per "brasare" i particolari consumando 2mila kw/h. «Prima il costo era di 0,19 euro a kw/h, siamo arrivati a 0,39 kw/h - racconta Pino Scalenghe della Psa, piccola e media impresa di Nichelino - a marzo rifaremo i conti. Abbiamo quattro forni, ne potremmo chiudere uno e concentrare le produzioni sugli altri tre, allungando però i turni anche al sabato e la domenica». Risparmi ipotizzati? «Sopra i 70 mila euro».