Roberto Palasciano è il Presidente della associazione territoriale della provincia di Taranto di Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata). Oggi l'inflazione morde e all'aumento dei costi dell' energia si è aggiunto quello del grano: ecco che allora un piatto di spaghetti al cittadino costa il 25% in più di prima, mentre con i costi alle stelle dell'energia le aziende rischiano di fermarsi. Anzi, alcune lo stanno già facendo.

Presidente Palasciano, dall'alimentazione ai trasporti è tutto uno schizzare in su dei costi, per non parlare delle bollette: quali sono le misure d'emergenza da voi suggerite per sostenere i consumatori?
L'impennata recente delle bollette dell'energia elettrica e del gas non ha precedenti. I prezzi in poco meno di due anni sono triplicati. La crisi energetica minaccia di diventare sistemica e necessita di interventi urgenti per scongiurare ricadute negative sulla ripresa per imprese e famiglie, anche a causa dell'impatto sull'inflazione. Bollette sempre più salate e prezzi al dettaglio più alti determinano un calo del potere di acquisto dei consumatori, costringendoli a tagliare la spesa nei settori non primari, con immensi danni per il commercio e per l'economia nazionale. Le uniche misure di emergenza per sostenere famiglie ed imprese vanno nella direzione del taglio delle tasse. Le azioni messe in atto ad oggi dal Governo, annullamento transitorio degli oneri generali di sistema in bolletta, la riduzione dell' IVA, il bonus sociale alle famiglie in difficoltà, non sono in grado di ridurre considerevolmente i costi delle bollette, il cui aumento più importante è legato ai costi di approvvigionamento dell'energia. A questo proposito servono strategie a lungo termine. Il problema, infatti, è strutturale: le scelte europee e nazionali, a livello energetico, sono state molto poco lungimiranti negli anni passati; ora ci si trova a dover coniugare contrapposte esigenze di decarbonizzazione, implementazione del green, manutenzione del sistema elettrico, approvvigionamento dei vettori fossili e calmierizzazione dei prezzi delle utenze energetiche.

Boom di ordini per le aziende ma i costi dell'energia alle stelle le mettono in perdita: tassare i maxiprofitti delle società energetiche può essere una soluzione?
La proposta che gli extraprofitti realizzati dalle aziende debbano contribuire alla fiscalità generale, anche se di impatto, è piuttosto controversa. Bisognerebbe stabilire se riguardo ai maxiprofitti si tratti di pura speculazione o siamo nelle regole di mercato. Non appare chiaro, inoltre, il perimetro entro cui potrebbe essere scritta una norma a riguardo: bisognerà mantenere il giusto equilibrio, in caso di un intervento in questo senso, cercando di non intaccare la vision che vede spingerci verso una minore dipendenza dalle fossili. Il tutto resta un palliativo. Urgono misure strutturali.

Energie rinnovabili. La Puglia è il fiore all'occhiello, ma il freno allo sviluppo si chiama burocrazia: secondo lei ci vorrebbe anche qui un "Mister Woll" che sbloccasse i progetti fermi? E se si, cosa dovrebbe fare?
Il ministro Cingolani ha dichiarato che la "transazione burocratica è la prima necessità per la transizione ecologica", focalizzando il vulnus reale del freno allo sviluppo delle energie rinnovabili. Le aziende energetiche sono asfissiate da processi autorizzativi lunghissimi, 5 anni in media, (un esempio è dato dall' l'impianto eolico off-shore di Taranto approdato alla costruzione dopo 12 anni), che arrivano quando già sul mercato esistono soluzioni tecnologicamente più avanzate... Normative obsolete, eccessiva discrezionalità nelle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, norme regionali non omogenee a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni quali le Sovrintendenze del Ministero dei Beni Culturali che bloccano i progetti sostenendo che deturpano il paesaggio. Per non parlare delle opposizioni di comitati di cittadini ed enti locali che non vogliono gli impianti nei propri territori, a causa della scarsa informazione e della poca chiarezza che li costringe a districarsi tra regole confuse e contraddittorie. L'energia è un servizio a rete ed è compito del Governo centrale responsabilizzare in modo efficace Regioni ed enti locali rispetto all'obiettivo nazionale. Il rispetto rigoroso dei procedimenti autorizzativi è il problema: la Pubblica amministrazione deve dotarsi di risorse necessarie, in numero e qualità, da mettere nella filiera del permitting per accelerare le autorizzazioni di impianti nuovi e anche di impianti già realizzati da ammodernare e potenziare.

Oltre a tagliare gli oneri (iva e extra gettito delle accise), quali sono le aree d'intervento dell'esecutivo per le PMI?
Il Governo attuale si trova a pagare lo scotto di pregresse politiche energetiche miopi. La soluzione del problema è molto complessa ed abbraccia moltissimi fattori, su tutti la necessità di avvicinare l'opinione pubblica, per una piena contezza di quello che potrebbe prospettarsi, rispetto ad una reale conoscenza delle diverse tecnologie in gioco e dell'impatto e/o dei benefici delle stesse sull'ambiente e sulla qualità della vita delle generazioni attuali e future. Parliamo di un confronto obiettivo che spazi dalle rinnovabili al nucleare di nuova generazione, passando per il recupero e valorizzazione dei rifiuti/ sottoprodotti, tenendo conto di fattori sociali, economici, tecnici, geomorfologici e ambientali. Nello specifico, per le PMI, vanno promosse misure strutturali, in primis, la realizzazione di impianti FER in edilizia libera sino ad una "soglia utile", per favorire l'autoconsumo nelle aziende (biomasse, biogas , mini eolico, fotovoltaico, solare termico per autoconsumo, efficientamento dinamico e statico) attuando, nei fatti, quanto già disposto dalla Legge n.108 del 29 luglio 2021, dato che le conclamate e inspiegabili lungaggini burocratiche - che comportano dinieghi autorizzativi e ricorsi giuridici ulteriormente dannosi per le PA - impediscono al nostro Paese di essere competitivo sul piano energetico, rispettare gli impegni europei e costruire filiere industriali nei settori delle FER e del comparto edilizio, che fungerebbero da importante volano per la nostra economia nazionale e per un rilancio dell'occupazione (o mitigazione) di quello che comporterà la transizione energetica. Successivamente creare consorzi o gruppi di acquisto, come proposto dal Presidente Nazionale di Confapi Casasco, per negoziare con maggiore potere contrattuale il costo dell'energia. Ad ampio spettro, poi, credo sia necessario avocare nuovamente il tema energetico allo stato. La riforma del titolo V non ha fatto altro che frammentare -è sotto gli occhi di tutti - una competenza strategica come quella dell'energia che ad oggi, e per il prossimo futuro, costituirà un tema sempre più delicato.