Confapi: «Caro bollette e calo clienti: spazi esterni necessari per sopravvivere»
Fra un «lockdown di fatto» e i rincari folli delle bollette, è un'altra volta allarme rosso per tanti esercenti e commercianti, che cercano una boccata d'ossigeno. Il momento è delicatissimo anche per l'artigianato di Milano e Brianza. Secondo le stime di Unione Artigiani diffuse ieri, circa 78mila imprenditori del comparto (su 67mila di Milano e 2lmila di Monza) in questi giorni devono riprendere i pagamenti di 4 miliardi di prestiti, con una media di 5lmila euro ciascuno. A questo conto, già «salato», va ora aggiunta la crescita verticale dei costi delle materie prime e dell'energia, con un quadro ulteriormente appesantito dai contagi Covid e dalle misure sanitarie che impattano in particolare sulla ristorazione.
La città, di fatto, è un'altra volta chiusa. Anche se non sono state introdotte restrizioni cogenti, lo smartworking resta molto diffuso, e il resto lo fanno quarantene e isolamenti che dilagano nelle scuole e nelle famiglie, costringendo migliaia di persone a casa. In questa fase, con i costi che sono schizzati alle stelle e i ricavi che languono, c'è qualcosa che si può fare per sostenere ristoranti e bar alle prese con la crisi: lasciare più libertà ai dehor, rendere le concessioni più facili e meno onerose, per più tempo, stabilizzando per qualche anno una misura che era stata adottata per un tempo circoscritto e poi rinnovata di volta in volta senza certezze e prospettive. «La premessa spiega Nicola Spadafora, presidente di Confapi Milano è che di fatto c'è un lockdown. In un ufficio con 20-22 persone, 15 con figli, sono tutti in dad, famiglie intere in quarantena. Tutto ciò si riflette sugli esercizi, sulla ristorazione e sul commercio. In questo momento poi, i piccoli imprenditori sono alle prese con costi enormi e non tutti hanno la forza di sostenerli. Le bollette di gennaio 2022, paragonate al 2019, arrivano a oltre il 200% in più. Un piccolo ristoratore che pagava 2mila oggi paga più di 6mila. Una voce di costo enorme, che va a impattare sul conto economico. Un piccolo imprenditore lo può uccidere, e le misure introdotte sono dei palliativi». «Parlando con tanti amici pro- segue ho maturato questa idea e spero di portarla sui tavoli delle istituzioni. La concessione del suolo pubblico non tutti possono permettersela, e gli investimenti sugli esterni costano da 10 a 50mila euro. Oggi nessuno sa cosa accadrà dopo il 31 marzo, quando scadrà l'ennesima proroga. Io invece credo che tutti debbano essere messi nella condizione di investire e concorrere. Con maggiori certezze ci saranno più investimenti, maggiori ricavi, maggiori utili, maggior gettito».
L'idea è andare oltre la attuale transitorietà adottando una misura definitiva che consenta di favorire progetti e nuovi investimenti, appunto, eventualmente con un'imposizione locale sui «maggiori utili». «La fruizione definitiva degli spazi esterni spiega Spadafora consentirebbe agli imprenditori di avere un po' di respiro e di poter pianificare una crescita, ma permetterebbe anche alla collettività di usufruire di spazi nuovi idonei a favorire la ripresa della meritata socialità e gli enti locali potrebbero avere maggiore gettito fiscale attraverso la tassazione dei maggiori utili prodotti dall'utilizzo dei nuovi spazi, un gettito da riservare in parte a livello locale e alla città, di migliorarne il decoro urbano, attraverso la creazione di spazi nuovi, confortevoli, belli, anche in un'ottica green». «Una soluzione di buon senso sintetizza soddisfacente per le esigenze di tutti gli stakeholders, che dovrebbe vedere coinvolte insieme istituzioni ed impresa nel comune interesse a favorire la ripresa, anche economica, della città».