Il 2020  è stato un anno pessimo, ma le imprese reggono: il 46% registra un aumento del fatturato
 
Il 2020 è stato un anno pessimo, il quarto trimestre ha dato qualche segno di vivacità, il 2021 resta nel segno dell'incertezza ma con la speranza, quasi la convinzione, che non appena la crisi sanitaria torna sotto controllo si possa ripartire in modo convinto per cercare di tornare a recuperare parte del fatturato perso. Questo è quanto dice l'analisi congiunturale del centro studi di Apindustria, dedicando un focus all'aumento dei prezzi delle materie prime. Viviamo in tempi incerti e non semplici, le materie prime sembrano questione per addetti ai lavori ma gli effetti del mutamento di prezzo per le Pmi possono essere micidiali. Ieri è stato presentato uno studio sull'evoluzione dei prezzi delle materie prime e il presidente di Apindustria Pierluigi Cordua ha illustrato con chiarezza il problema: «Abbiamo numerose segnalazioni che provano pratiche scorrette da parte di alcune multinazionali dell'acciaio che, operando in situazione di oligopolio, si sentono padrone di fare quello che vogliono, comunicando aumenti retroattivi unilaterali legalmente vietati su contratti già in essere :— ha detto —. Una situazione allarmante al punto che, con Confapi, stiamo valutando concretamente l'ipotesi di una denuncia all'autorità garante del mercato. La nostra impressione è che alcuni big player stiano cavalcando una situazione già di per sé drammatica, scaricando il problema sulle Pmi». Ecco, i prezzi aumentano, alcuni grossi produttori scaricano i prezzi, le piccole e medie imprese che in media hanno poco potere contrattuale, pagano il conto. Dall'indagine di Apindustria presentata ieri nella sede di via Lippi si rileva che il 44% degli intervistati esprime preoccupazione per la forte volatilità dei prezzi e che oltre un quarto degli intervistati è in allarme per la rapida crescita nelle richieste di revisione contrattuale. Tale timore è emerso nelle ultime settimane e caratterizzerà anche il prossimo futuro. Per il resto le Pmi bresciane sembra stiano mostrando una discreta capacità di restare in piedi, ma permangono situazioni di forte difficoltà. Poco meno di un'impresa su due (46%) afferma infatti di avere un fatturato in crescita - seppur spesso in modo lieve - rispetto al trimestre precedente, ma resta pesante la situazione di 4 intervistate su 10, per le quali il fatturato e la produzione sono in calo. Nel complesso il 2020 è però ovviamente costellato da tanti segni meno, a causa soprattutto della prima parte dell'anno: l'87% delle imprese ha ridotto la produzione e di rimando è calato proporzionalmente il fatturato. Tre imprese su dieci hanno continuato ad investire e l'occupazione ha retto. «Sollecitate a dare uno sguardo al primo semestre 2021— si legge nel report — le imprese confidano in una stabilità dei mercati esteri - osserva il centro studi di Apindustria -. Nel mercato domestico, al contrario, sembrano confermarsi opportunità di crescita per un numero pur limitato di imprese; l'italia resta comunque un'area caratterizzata da elevata instabilità». «Il 2021— ha detto ieri Cordua — complice la crisi sanitaria ancora in corso, si caratterizza ancora per una forte instabilità ma continuiamo ad avvertire una voglia di ripartenza. Se si riuscirà a tornare a livelli di normalità accettabili, confidiamo in qualche sorpresa positiva nella seconda parte dell'anno».