INTERVISTA A CRISTIAN CAMISA
Il presidente Camisa: «Sulle Pmi il Fisco pesa fino al 60%. Lavoro, serve una svolta nella formazione»
«Le piccole e medie industrie rappresentano la forza più sana e costruttrice della nazione, oggi come nel 1947 anno in cui Confapi venne costituita. Forti del nostro ruolo di vigili antenne sul sistema produttivo, chiediamo anche all'attuale governo di ascoltarci come lo chiedevano gli imprenditori 75 anni fa». Così il presidente di Confapi, Cristian Camisa, ha aperto la celebrazione dei 75 anni della sua organizzazione. Alle assise, con tanto di benedizione di papa Francesco e video in apertura con i saluti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, hanno partecipato in prima fila i ministri del Lavoro, Marina Elvira Calderone; degli Esteri, Antonio Tajani; delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso; delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.
Confapi rappresenta i piccoli. Quali sono in questo momento le vostre priorità?
«Servono per cominciare infrastrutture efficienti e lavorare per completare l'autosufficienza energetica. Dall'inizio del conflitto in Ucraina sono stati fatti grandi passi avanti ma il percorso va completato. Paghiamo ancora l'energia il 20% in più degli altri Paesi europei. Anche sulle materie prime strategiche per la transizione bisogna lavorare per l'indipendenza».
La transizione è un'opportunità o un rischio?
«Può essere un'opportunità purché si faccia senza aumentare i costi per le imprese».
Vi soddisfa l'impianto della riforma fiscale a cui sta lavorando il governo?
«La legge delega in materia fiscale è apprezzabile per il tentativo di sburocratizzare e alleggerire gli adempimenti. Dobbiamo diminuire la forbice di tassazione tra la piccola e la grande impresa: grazie a patent box o altre normative, il tax rate per le grandi industrie spesso non va oltre i125%, mentre le Pmi devono sopportare un 60% e oltre. Le piccole e medie industrie italiane non devono pagare più tasse della grande industria e delle multinazionali».
Quale è il principale problema delle vostre aziende in questo momento?
«Ne abbiamo diversi ma uno sicuramente molto sentito è quello del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Non troviamo il personale con le giuste specializzazioni. Il mondo della scuola deve diventare più funzionale al sistema produttivo. In più le priorità per le persone sono cambiate. Nel 2022 le dimissioni sono aumentate del 22%. Non era mai accaduto. Le persone non vogliono negoziare sul tempo libero. Di questi aspetti dobbiamo tenere conto. Siamo pronti a lavorare anche su questo con il sindacato».
Cosa pensa della settimana di quattro giorni?
«Lavorare 4o ore in 4 giorni invece che in 5 cambia poco. Altro discorso è se l'orario comporta un aggravio di costi per l'impresa». L'inflazione mette alla prova il potere d'acquisto. «Tutti i contratti firmati da Confapi sono sopra la soglia minima ipotizzata nelle discussioni fatte finora. Bisogna agire sui contratti pirata firmati da organizzazioni non rappresentative. E un nodo che va affrontato».