L'appello delle Pmi al premier: ci accolliamo i costi per sanificare gli ambienti e rispettare le procedure di sicurezza, se non produciamo il sistema va al collasso

 

TOBIA DE STEFANO

L'enigma è sempre lo stesso: come evitare che l'economia subisca danni irreparabili, senza per questo mettere ulteriormente a rischio la salute dei cittadini. La questione era di attualità all'inizio dell'emergenza da Coronavirus, è stata per ovvi motivi rimessa in un cassetto quando il contagio è deflagrato, e torna a far discutere adesso che (facendo le corna) una luce in fondo al tunnel, almeno dei numeri e dei trend, inizia a intravedersi. Soluzioni? Una la propone Confapi, l'associazione che rappresenta 83 mila imprese manifatturiere e più di un milione di dipendenti, che, per mano del suo presidente, Maurizio Casasco, ha scritto e inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per lanciare un allarme: ormai il tempo scarseggia, il tessuto delle piccole e medie imprese italiane è allo stremo delle forze e pur di ripartire anche solo gradualmente è disponibile ad accollarsi i costi per sanificare gli ambienti di lavoro, fare i tamponi e garantire le protezioni necessarie ai suoi lavoratori. FIDUCIA A PICCO Proposta affascinante, che merita un approfondimento. La premessa. La fiducia di imprenditori, consumatori e cittadini ha raggiunto il minimo storico: «Basta prestare ascolto sottolinea Casasco alle angosce e alla sfiducia di molti imprenditori piccoli e medi per comprendere che invertire questa curva sarà una delle sfide più importanti da vincere per restituire speranza prima ancora che capacità di reddito al nostro sistema». E i motivi sono facilmente intuibili: alcuni attività, da quelle di ristorazione fino agli alberghi, rischiano di non riaprire più: «Molte attività cash driven, che traggono i mezzi di produzione dai proventi della settimana o dal mese precedente continua il numero uno dell'associazione non riapriranno. Si parte da ristoranti, alberghi, ostelli e si arriva fino alle palestre ai piccoli negozi al dettaglio ai piccoli studi professionali e alle aziende di trasporto». ZERO LIQUIDITÀ Del resto gli investimenti pianificati sono stati praticamente azzerati, chiedere liquidità al sistema bancario è diventata un'utopia, visto che ora gli istituti di credito saranno impegnati a fare i conti con una nuova ondata di prestiti incagliati, e la fascia di occupati oggi a tempo determinato è destinata a perdere il posto. Insomma si rischia di esacerbare la rabbia sociale. L'unica soluzione è ripartire gradualmente. Come? Confapi consiglia di «introdurre misure di fiscalità amichevole nei confronti delle risorse investite, di garantire linee di credito facilitate per il mantenimento delle attività di investimenti già programmati ecc», ma la proposta più affascinante la lancia sulla sicurezza. «Le Pini italiane assicura Casasco sono pronte a fronteggiare i costi per fare i test ai dipendenti e a seguire i suggerimenti delle autorità in merito alla sanificazione e sicurezza dei luoghi di lavoro e l'attribuzione di codici di priorità per il ritorno alla vita produttiva». Prima i più giovani, poi gli anziani e chi appartiene ad altre fasce a rischio. Una sfida. «Questo continua potrebbe essere un terreno di grande prova di cooperazione e collaborazione tra Autorità e Uffici Amministrativi e la realtà privata e produttiva del Paese».