La strada dei mercati esteri, in particolare verso l'Unione Europea,è vista sempre di più come una via di sviluppo che consente margini spesso importanti. È quanto emerge dall'Analisi semestrale dei dati sullo sviluppo internazionale delle imprese associate realizzata dal Centro Studi Apindustria di Brescia.
"Il fatturato - si legge nello studio - è in crescita nella comunità europea per oltre la metà delle aziende che hanno risposto al questionario; così come negli altri Paesi europei non EU, in cui l’incremento del fatturato è condiviso dalla metà delle aziende. Utile in crescita anche negli Stati Uniti per il 44% delle Pmi intervistate". Non poche le imprese che lavorano soprattutto sull'export: il 41% ricava più della metà delle proprie entrate nella Comunità Europea, il 15% dichiara di realizzarvi dal 90% al 100% del proprio fatturato totale. Per la gran parte delle imprese la formula prevalentemente utilizzata è rappresentata dall’esportazione diretta, anche con uffici di rappresentanza.
Nel 2016 a Brescia le esportazioni hanno avuto un valore pari a 14.497.614.711 euro, in lieve calo rispetto al 2015 (14.677.513.167). Il valore complessivo delle esportazioni è comunque ampiamente superiore ai livelli pre-crisi (14,1 miliardi circa nel 2008).
Per le importazioni, nel 2016 a Brescia il valore complessivo è stato di 7.975.755.549 euro, anche in questo caso leggermente inferiore a quello del 2015 (8.107.337.141).
Per quanto concerne le previsioni sul 2017 che emergono dai dati di Apindustria Brescia, "il 64% delle aziende intende continuare i rapporti con i mercati esteri, rafforzandoli". Le destinazioni privilegiate sono per lo più i Paesi dell'Unione Europea, verso i quali si rivolgeranno gli sforzi commerciali dell’83% delle Pmi intenzionate a sviluppare i rapporti esteri. Interesse anche per la Russia e altri Paesi europei non EU. Gli Stati Uniti non paiono invece rappresentare una meta privilegiata: solo il 20% vi dedicherà sforzi commerciali ulteriori.
Il Centro Studi di Apindustria ha indagato anche le difficoltà (interne ed esterne) nell’approccio ai mercati esteri. Più che i fattori esogeni di carattere geopolitico o economico (protezionismo, crisi dell’euro o altro), i fattori limitanti sono o interni all’azienda o legati alla destinazione. Tra le cause endogene, le risorse umane non adeguate, (numerosità, competenze, difficoltà linguistiche) e la dimensione aziendale (in tutti i suoi aspetti, dal produttivo al logistico). Tra le cause esogene, sono state evidenziate problematiche con i Paesi di destinazione e con le strutture di supporto.