«Non si possono lasciare gli anziani al freddo nelle Rsa». Dovrebbe essere talmente ovvio da non doverlo nemmeno dire. Invece Confapi Sanità ha voluto ribadirlo, di fronte alle proposte arrivate da più parti - dall`Agenzia internazionale dell`energia al ministro Roberto Cingolani - di abbassare i gradi della temperatura negli edifici e ridurre le ore in cui ci sono i riscaldamenti accesi. «Ci preoccupano, e non poco, le notizie di questi giorni che parlano di razionalizzazione dei consumi di gas e di esponenziale aumento dei costi energetici - annuncia Michele Colaci, presidente di Api Sanità Piemonte e vice presidente Confapi Sanità -. Nelle nostre strutture ci devono essere almeno 22 gradi per 24 ore al giorno perché stare al di sotto di questa soglia significherebbe mettere a repentaglio la salute dei nostri ospiti fragili e cagionevoli, in ragione della loro età e del loro quadro clinico. Quindi la razionalizzazione non deve toccare noi». Anche le strutture per anziani del Piemonte sono state travolte dal rincaro delle bollette dei consumi energetici, più che quintuplicate nell`ultimo anno: da 1.500 a 10mila euro, da 7 a 40mila, a seconda della grandezza dell`edificio. «Ed è quindi necessaria qualche misura di sostegno - continua Colaci -. Non potendo ridurre i consumi, proponiamo una fase transitoria per ridurre o eliminare le imposte applicate sul consumo di gas». In realtà già da una dozzina d`anni le accise per le Rsa sono ridotte. Certo si potrebbero cancellare, almeno temporaneamente. «O si potrebbe adottare la riduzione dell`Iva al 5% per tutti gli edifici che erogano servizi pubblici essenziali», è la proposta di Michele Assandri, presidente di Anaste Piemonte. Nel frattempo molte strutture stanno pensando di chiedere un aiuto alle famiglie degli ospiti e, non potendo ritoccare le tariffe, stanno optando per "contributi per il riscaldamento". «Sono moltissime le strutture che si stanno orientando verso questa soluzione - spiega Assandri -. Per trasparenza suggeriamo alle Rsa di indicare in una lettera alle famiglie i costi a consuntivo e poi di chiedere una compartecipazione per la parte che eccede la quota che veniva spesa prima dei rincari. Non deve accadere che si usi questo strumento per coprire altri costi». Una strada alternativa potrebbe essere quella di un contributo da parte della Regione Piemonte, che tuttavia potrebbe avvenire solo per i posti letto in convenzione con il sistema sanitario pubblico, creando così discriminazioni nei confronti delle strutture non convenzionate. «E comunque si è parlato di un possibile contributo del 5% preso dallo stesso budget di 265 milioni stanziato per le Rsa - attacca Assandri -. Quindi da una parte si dava un aiuto alle strutture e dall`altra si tagliavano le quote Lea: questo è anticostituzionale e la giurisprudenza lo dimostra. In ogni caso parliamo di ipotesi di sostegni troppo esigui rispetto all`enormità del problema. Per la stessa ragione noi siamo stati gli unici tra le associazioni di categoria a non sottoscrivere il protocollo regionale per l`adeguamento dell`Istat che a nostro avviso non era minimamente sufficiente a rispondere ai rincari».