LA REPUBBLICA - NAPOLI pag. 3 • 20-01-2020
 
Intervista al presidente Confapi giovani

di Paolo Popoli Ci sono 31.130 assunzioni programmate dalle aziende campane, 17.700 soltanto a Napoli, ma i giovani e i disoccupati non rispondono. «Se si va avanti così, almeno nel mio settore sposteremo la produzione in India», commenta non senza preoccupazioni Massimo Di Santis, presidente di Confapi giovani Napoli e a capo della società di sviluppo software Tione Technology. I dati emergono dal recente bollettino Excelsior di Unioncamere e Anpal.
Presidente Di Santis, il suo commento è un allarme o una provocazione?
«Sarà anche una provocazione, ma il problema delle aziende che non trovano personale è fin troppo serio».
Da che cosa deriva?
«Parlo per il mio settore: manca un punto di contatto tra università e imprese, e poi i giovani ingegneri informatici sono attratti dalle grandi aziende, nonostante le piccole e medie imprese del territorio, molto competitive sui software personalizzati, abbiano commesse e propongano contratti egualmente remunerati e a tempo indeterminato. Ho avuto a colloquio giovani che hanno rifiutato quest’offerta. È un atteggiamento culturale, confermato da molti miei colleghi imprenditori».
Così facendo, davvero alle imprese campane non resterà altro che delocalizzare la produzione di software?
«Sarebbe assurdo. E poi andare all’estero, rispetto a quanto credono in molti, non significa risparmiare. Gli stipendi sono più bassi, ma ci sono altri costi come il trasferimento di know-how».
Quali correttivi chiede per far incontrare domanda e offerta nel mercato del lavoro?
«Sempre nel mio settore, le agenzie mostrano difficoltà a reclutare candidati. Il punto chiave è però l’università: deve aprire la mentalità dei giovani al lavoro, far fare loro pratica con gli strumenti che utilizzeranno poi in azienda. Se le imprese di sviluppo software ricorrono a un certo linguaggio di programmazione informatico, gli atenei devono insegnare loro a usare principalmente questi strumenti. Le aziende sono disposte a formare i dipendenti "in house", ma così facendo si ridurrebbero i costi».
È un appello da rilanciare al neoministro Manfredi, con cui si è incontrato a dicembre?
«Certamente. Già una settimana prima della sua nomina a ministro, Confapi giovani e Federico II hanno firmato un protocollo d’intesa per l’Accademia delle Pmi per formare i giovani a fare impresa. Il progetto c’è, adesso dobbiamo metterlo in atto».
Nella difficoltà di trovare nuovi dipendenti ha inciso il reddito di cittadinanza?
«Alcune ricerche confermano questo dato, che riguarda i settori che hanno stipendi bassi. Sarebbe opportuno investire più risorse in ulteriori sgravi sul costo del lavoro, soprattutto per le imprese che assumono. I soldi risparmiati andrebbero ai dipendenti».